lunedì 15 agosto 2011

ricordando Fulvia


Ricordare Fulvia per omaggiarla è facile…..l’ ho salutata una prima volta dall’ angolo dell’ ex Cinema Parrocchiale Giosuè Borsi………respiravo a fatica, non ero riuscita in quei mesi neanche a chiedere a Giovanna se Lei poteva ricevermi…….ora ricordo solo che ho pregato molto per lei e dopo la prima a Marradi di “Hello! Dolly”il “musicall” che proprio lei mi ricordava, a maggio le ho portato “rose bianche”.
 Giovinetta sprizzava energia da tutti i pori.
“Ma Fulvia!!!!????”……no… non ti faceva finire il discorso, intuiva al “volo” cosa volevi dirle, rigirava il suo bel corpo sinuoso con una piroetta, faceva due passi, e tornava da noi esclamando con enfasi “la vita è bella, ma voi, non ve la sapete godere!” quando cercavo di scavarle “dentro” si chiudeva “a riccio”, sorrideva e sorridendo allora mi guardava negli occhi fissa e mi diceva piano e molto lentamente “ lo sai, vero, io la vita me la voglio goder”
Le doti comunicative non le mancavano, ricordo che eravamo assieme a Faenza nell’anno 1966 (?) / 1967 (?) all’ Educandato “Istituto Righi” in Via Ugolino d’ Azzo Ubaldini……….. credo…
…..potete ridere ed anche immaginare la lettera che mettevamo davanti a quell’ “Azzo”!
Era il mese di maggio, durante la festa dell’ Istituto,  nel teatrino della Scuola Elementare del collegio.
Con Fulvia si poteva fare di tutto: recitare, ballare e cantare , era anche un’ attrice nata.
Assieme ad una collegiale fissata per le operette lei ed io cantavamo“Il Nabucco” di Verdi……
Vi verrà spontaneo pensare fra di Voi, ma e l’ “Arpa d’ Or????”come avranno fatto a farla……
Si….si….si…. Lei faceva l’” Arpa d’ or” con me…….dopo aver sorseggiato un bicchierino di Stock 84 in bottiglietta piccina.
Era un’ artista nelle ricerche storiche di archivio, non era mai contenta, ogni documento che con facilità leggeva le apriva immediatamente nuovi percorsi di ricerca, ne restava quasi affascinata e sorpresa esclamava “ci vorrebbe tempo e tanta pazienza che io non ho più!”
Ho sempre saputo ben poco del Maestro di Marradi, ma Lei, nel predisporre il suo testo sulla storia della Badia di S. Reparata, me ne parlò così tanto e con un tale trasporto emotivo ed entusiastico, che ci lasciammo esaltate con il fermo proposito in estate di andare ad Avignone assieme per confrontare una sua opera, là presente, con quelle della Badia.
Non ci siamo riuscite Lei ci ha lasciato troppo improvvisamente.


“Quelli della mia età” a suo tempo cantata ufficialmente da Francoise Hardy in francese e da Fulvia tradotta e cantata in latino “maccheronico”, che tanto “maccheronico poi non mi sembra”

Illi qui habent ipsam aetatem
Habent unquem aliquem amare

Illi qui habent ipsam aetatem
Habent unquem aliquem stare

Et manu in manu
Iverunt planu planu
Iverunt inter vias
Loquendi amoris

Ego sola debeo ire
Sola sola sine amore
Sine quo potesmi dare
Momentum amoris

Omnes dies et nottesque
Sunt egales per me
Omniae maniae sempre
Tristes est manere
Soli sic

Illi qui habent ipsam aetatem
Habent unquem aliquem amare

Illi qui habent ipsam aetatem
Habent unquem aliquem stare

………………………………..

Quelli che hanno la stessa mia età
io li vedo due a due passar.
Quelli che hanno la stessa mia età
hanno tutti qualcuno da amar.

E, la man nella mano,
se ne van piano piano,
se ne van per le strade
a parlar dell'amore.

Solo io devo andar
sola sola, senza amor,
senza chi mi può dar
un momento d'amor.

Tutti i giorni e le notti
sono uguali per me.
Tutti pieni di noia.
È triste restare da soli così!

Quelli che hanno la stessa mia età
fanno insieme progetti d'amor.
Quelli che hanno la stessa mia età
han negli occhi la felicità.

E, la man nella mano,
se ne van piano piano,
se ne van per le strade
a parlar dell'amore.

Solo io devo andar
sola sola, senza amor,
senza chi mi può dar
un momento d'amor.

Con i ragazzi che han la mia età
potrò anch'io conoscer l'amor.
Con i ragazzi che han la mia età
avrò anch'io qualcuno per me.

Con la man nella mano
per andar piano piano,
per andar per le strade
a parlar dell'amore.

Io l'aspetto
per restar sempre insieme,
solo noi, solo noi
a sognar una vita d'amor.







sabato 23 luglio 2011

lunedì 4 luglio ore 5,15, è nato Michele di Lory e Clod con l' onorevole peso di kg 3,100, occhietti vispi, capelli neri lunghettini, bocca sensuale..............è proprio un ranocchietto come era suo padre con i tratti ingentiliti dalla beltà della madre.
Ha mantenuto il "movimento" iniziato in pancia a 4/5 mesi, lui và, chiacchiera con sè stesso e con tutto ciò che lo circonda, gesticola molto con mani e piedi, sorride spesso anche quando raramente dorme, assilimila repentinamente i rumori e con il corpo a questi si associa con movimenti da nuotatore provetto!
Quella sera antecedente del 3 eravamo in piazza ad ascoltare la Banda di Popolano quando sulle ore 10,30
Claudio telefona entusiasta e timoroso:"ci siamo, l' ho portata a Ravenna, mi hanno mandato a casa a prendere della roba, lasciate aperto il cellulare nella notte.......".........poi alle sei dell' alba successiva il nonno risponde addormentato, sorride e guarda con amore la nonna"E' nato, si chiama Michele, mamma e figlio stanno bene, forza vestiti, possiamo andare..."

venerdì 11 marzo 2011

La bambina che aveva deciso di non piangere più

Titolo:

LA BAMBINA CHE AVEVA DECISO DI NON PIANGERE PIU’



Nacque una volta una bimba in un  paese su di un altopiano circondato da alte montagne. I prati erano verdi anche d’ estate e bianchi di neve d’ inverno. Le mucche che andavano al pascolo amavano il loro laghetto e solo quando arrivavano lì, chiacchieravano fitto fitto fra loro.
I genitori della bambina erano rimasti così affascinati dalla natura che li circondava, che la chiamarono Silvana. Il babbo dirigeva i contadini che coltivavano i campi ed allevava il bestiame che riposava di notte in due grandi stalle vicino alla casa dove Silvana cresceva con la sua mamma.
D’ inverno si udivano i lupi ululare vicino, ma Silvana non aveva paura, la casa era calda e babbo e mamma facevano con lei girotondo attorno alla tavola.
Poi un giorno arrivò Lei, la sua sorellina e la nonna ad aiutare la mamma.
La neve era alta due metri, lo spartineve la soffiava per aria, e le viole della mamma erano tutte sparite dalle aiuole dell’ ampio cortile dell’ azienda. Il babbo tornava dal bosco sulla jeep, i lupi di giorno stavano lontani, e le calze della Befana erano traboccanti di regali, carbone e sorprese tutte dentro alla stufa di terracotta della camera ove le bimbe dormivano con la nonna. Poi arrivava l’ estate, scendevano al mare al mattino tutti assieme e tornavano su la sera, le bimbe giocavano in cortile, andavano sull’ altalena, correvano con la bicicletta, la mamma giocava a canasta, la nonna scendeva a piedi al paese e le mucche tornavano correndo dentro le stalle all’ imbrunire.
Le bimbe non erano mai sole, avevano due cani che giocavano sempre con loro, uno grande grande con un lungo pelo bianco ed una cagnetta piccolina bassa bassa, pelo liscio sul marrone che si chiamava “Lilla”. La mamma lavava le sue bambine dentro grandi bacinelle l’ estate, quando era caldo e le bimbe giocavano nell’ acqua come in una piscina, poi arrivavano anche i bimbi di tutta l’ azienda a giocare con loro. A Carnevale erano tutti in maschera e si rincorrevano gioiosi per tutto il cortile senza mai uscire dal grande cancello che univa un piccolo muro che circondava l’ azienda.
Silvana andava a scuola in una falegnameria nel bosco vicino al paese, erano tanti bimbi e bambine di tutte le età, c’ era un po’ di fumo che usciva dal grande braciere messo nel mezzo a riscaldare le manine, così a volte Silvana tossiva e quando lo raccontava la mamma si muoveva a compassione e diventava la sua maestra personale.
 Fù così che Renata, dal suo letto affaticata, insegnava l’ alfabeto e le tabelline a Silvana, che tutta compresa, appoggiava i suoi gomiti ad una sedia raccogliendo tutta la concentrazione possibile ed immaginabile, mentre Eleonora, la sorellina, correva su e giù per la stanza, poi, si fermava pochi secondi sul libro sopra la sedia, confondendo e facendo ridere ed urlare al contempo la sorella.
Il pavimento ballava sotto i piccoli passi di Nora e così il babbo Enzo che lavorava di sotto in ufficio, saliva, finalmente saliva e tutte e tre erano contente.
Le risate si sprecavano, tutte le “ariette” si cantavano, poi le bambine ballavano ed il babbo insegnava loro lunghi passi di valzer.
Ma il tempo non si ferma, passa, arrivarono stagioni diverse, e i sorrisi rimasero solo fra le due sorelline. Le domande si sprecavano ma gli adulti non rispondevano, quanto silenzio nella confusione di un paesaggio che cambiava, di una casa nuova, di una nuova mamma,di altri due fratellini ed una sorellina, di un’ altra nonna, di una dolce zia.
Poi la scuola, le nuove amichette vicine di casa, il caldo sole di una estate a giocare nell’ aia di Casa Gondi, il pavimento della casa di nonna Nunziatina ballava ancora sotto i passettini veloci delle tre bambine, che bello c’ era Anna la cugina più grande, loro l’ ascoltavano con attenzione e da lei imparavano a raccontare le novelle, a recitare, a cantare come la mamma ed a piangere quando fà bene al cuore e compagnia all’ anima quando è triste.
Silvana piangeva, piangeva tanto e spesso, sino a farsi chiamare “piagnucolona” per scherzo da tutti, ma poi dopo stava bene sia con se stessa che con gli altri.
Un giorno,però, un po’ scontenta, durante un gioco con la sorellina, alla domanda di lei“cosa desideri di più al mondo?” non riuscendo a dire “la mamma” disse “smettere di piangere sempre!” e la Nora prontamente le insegnò come si fà “ a chiudere ed aprire il rubinetto a comando!”sorridendo contenta di averle dato una risposta.

Poi la casa nuova era diventata piccola e stretta per tutti, la nuova mamma si era subito ammalata, ed il babbo doveva lavorare per tutti/e………così tutti/e crescendo presero la loro strada in silenzio per continuare a sognare, sperare e pregare.

Silvana diventò finalmente grande, incontrò sulla sua strada Domenico e con lui scoprì il bello di essere donna amata incondizionatamente, con lui e per lui scoprì il miracolo di essere madre di due meravigliosi ragazzi, e con lui e per lui iniziò un nuovo percorso di vita, e con loro e per loro diventarono nonni.

A Silvana piace molto camminare, anche da sola, fra le sue montagne ed ora anche al mare.
Ogni tanto si gira indietro a guardare, ma solo poco poco………..rincorre sempre un sogno: piangere calde lacrime di gioia……………un sogno che pregando Dio ora si avvera!
Poi subito ringrazia!